Petr. Satyr . LXXI 11 urnam … fractam sculpas di A.Borghini

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Petr. Satyr . LXXI 11 urnam … fractam sculpas
di Albero Borghini

V’è anche un’altra attendibile opinione, secondo la quale i recipienti da cui si beve indicano le persone che toccano le nostre labbra. Di conseguenza, quando se ne rompe uno, ciò pronostica la morte di una di queste persone; e se uno vive solo, preannuncia morte a lui stesso: di questo fatto ho io medesimo osservato l’esattezza. 

“Et urnam licet fractam sculpas (1), et super eam puerum plorantem”. È’ del monumento funebre di Trimalchione che si sta trattando (ed è Trimalchione stesso che parla).
Il tema che potremmo chiamare dell’urna fracta (o comunque del ‘contenitore rotto’) in contesti di tipo funerario, od orientati in tal senso, trova riscontri tanto in ambito antico quanto in epoca recente (o relativamente recente).
Siamo probabilmente di fronte, cioè, ad un ben preciso (e codificato) tratto di simbologia funeraria, che risulta piuttosto esteso anche diacronicamente.
Essendomene già occupato altrove, mi limito a ricordare alcuni casi. Si può anzitutto proporre, naturalmente, il fracto busta piare cado di Prop. El. IV 7, 34:
“Hoc etiam grave erat, nulla mercede hyacinthos / inicere et fracto busta piare cado?” (vv. 33-4). (2)Sul piano dei pronostici di morte, così Artemidoro (Il libro dei sogni I 66):
“V’è anche un’altra attendibile opinione, secondo la quale i recipienti da cui si beve indicano le persone che toccano le nostre labbra. Di conseguenza, quando se ne rompe uno, ciò pronostica la morte di una di queste persone; e se uno vive solo, preannuncia morte a lui stesso: di questo fatto ho io medesimo osservato l’esattezza”. (3)Qualche esempio del folklore ‘attuale’. Così nella zona di Pavia:
“È consuetudine anche, allorché il funerale esce di casa, gettare a terra spezzandolo subito dietro la bara, un bicchiere di vetro ritenendosi che con ciò l’anima del defunto possa ottenere libero accesso al Purgatorio (…)”. (4)
In Trentino – Alto Adige, “Sognare un bicchiere rotto è segno di morte”. (5)

Più sulle generali, di “cose che si rompono da sole”, in quanto effetto-segno di malocchio, si parla in area sarda (Campidano):
“Quando succedono cose strane, piante che seccano (6) senza motivo, cose che si rompono da sole, gli animali che improvvisamente muoiono, dalle mie parti si crede che è perché qualcuno ti ha fatto il malocchio, qualcuno che ti invidia per qualcosa (…)”. (7)

Anche in area francese, un’espressione del tipo “casser son écuelle” fa riferimento al sopraggiungere della morte. (8) Né ‘rappresentazioni’ analoghe mancano nel quadro del folklore neogreco. (9)

Alberto Borghini

Note
(1)H dà unam; urnam è congettura di Iac. Gronovius: Dal punto di vista qui assunto le cose non sembrerebbero cambiare di molto.
(2)Richiama Prop. IV 5, 75 – sebbene dubitativamente – M. S. Smith nel suo commento alla Cena Trimalchionis, Oxford, Clarendon Press 1978, ad loc. (p. 198).
(3)Trad. a cura di D. Del Corno, Milano, Adelphi 1975, ad loc..
(4)A. Annovazzi – F. Biancoli, Pavia e la sua provincia. Storia, tradizioni, leggende e curiosità, Pavia 1952, p. 116. Per questo e per altri casi cfr. già il mio Strutture nel folklore: un uso funebre lunigianese e uno romagnolo, in “Annuario della Biblioteca Civica di Massa”, 1984; nonché il mio La paura del Cesare e il vetro infrangibile: un contributo, in “Civiltà classica e cristiana”, XI, 3, 1990. Segnalo che per una svista ho in entrambi i lavori scritto “Bianchi” invece di “Biancoli” (nota 60, p. 124 e nota 13, p. 263 rispettivamente).
(5)B. Dal Lago – E. Locher, Leggende e racconti del Trentino – Alto Adige, Roma, Newton Compton 1983, p. 264. Cfr. inoltre il mio intervento dal titolo Il bicchiere rotto: a proposito di superstizioni comparate, in “Mondo Ladino”, XI, 1987, 1-2.
(6)Sul tema delle ‘piante che seccano’ si consulti altresì il mio Zonodrakontis, in Borghini, Zonodrakontis. Momenti di una mitologia, Roma, Meltemi 2003, cap. VII, pp. 121 sgg.; anche il mio Folklore del circondario apuano, di prossima pubblicazione.
(7)Informatore anonimo, 40 anni circa, intervistato durante la primavera 2006 da Valentina Settimo nell’ambito di una ricerca, da me organizzata e diretta (Antropologia culturale – Politecnico di Torino), sul folklore di alcune località dell’Italia; il fascicolo relativo è disponibile presso il Centro di documentazione della tradizione orale di Piazza al Serchio (LU), impegnato alla costruzione di un archivio folklorico nazionale.
Restando in Sardegna, per il tema ‘rottura di contenitori’ in contesti di lutto si può considerare F. Mango, Novelline popolari sarde, Palermo 1890, n. VI, La madre e la figlia, pp. 93 sg.: una serva spezza delle brocche per l’acqua essendosi verificata la morte di una bambina (cfr. il mio Strutture nel folklore…, cit., nota 46, in part. p. 106).
(8)A. Van Gennep, Manuel de folklore français contemporain, Paris 1946, t. I, vol. II, p. 669; cfr. già il mio Strutture nel folklore…, cit., nota 34, in part. p. 90.
(9)C. Wachsmuth, Das alte Giechenland im neuen, Bonn 1864, pp. 118 sg. (il testo relativo si può leggere nel mio Strutture nel folklore…, cit., nota 46, in part. p. 106).
Lezione tenuta in data 24 maggio 2006 presso il Laboratorio della Memoria di Isola Dovarese (Cremona) nell’ambito del corso “Memoria, oralità e scrittura nell’era digitale”, organizzato dall’Univ. di Parma.

 

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Prima pubblicazione il: 11.09.2006

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