Che cos’è il Museo dell’immaginario folklorico

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Un museo di … fiabe, leggende, spauracchi dei bambini, credenze su animali, piante, acque, rocce, fenomeni atmosferici, pratiche contadine etc., insomma di racconti che hanno rappresentato per secoli la geografia dei territori, così come li hanno visti le popolazioni che li abitavano.
Oggi molti racconti e molte immagini sono scomparsi, perché sta scomparendo il territorio, ridotto a cemento o abbandonato, ma la capacità umana di attribuire alle cose che ci circondano sensazioni, immagini e storie non legate alla razionalità è ancora prolifica. (come è organizzato il museo?)
L’operazione che noi intendiamo fare con questo museo ha più scopi.
Intanto recuperare e conservare, per quanto è ancora possibile, la descrizione dei luoghi e le storie che i nostri antenati hanno costruito nei millenni come parte integrante e arricchente del paesaggio: sappiamo che in ciò che si getta via c’è sempre un bambino che magari non vediamo in questo momento.
Vogliamo poi mettere a disposizione degli studiosi del materiale prezioso per capire come nascano queste rappresentazioni, quali regole seguano: i racconti sui folletti del bosco sembrano finiti, ma la struttura umana che li ha prodotti è ancora attiva e produce altri folletti in altri boschi.
Anche gli architetti, gli urbanisti, coloro che progettano lo sviluppo di un territorio possono beneficiare di questa puntuale descrizione di un ambiente e valorizzarla in termini di valore aggiunto per il benessere degli abitanti di oggi.
Questi brevi racconti legano territori lontani nello spazio, creando possibili interessanti scambi, ed hanno una profonda dimensione nel tempo, riportandoci agli antichimiti indoeuropei: sono ciò che rimane oggi, ed è affascinante ricostruirli attraverso la raccolta delle varianti di ciascuna storia.
La scuola può beneficiare della nostra struttura; sono molte le valenze didattiche nella ricerca ed elaborazione del patrimonio culturale di ciascuna terra.
Scrittori, musicisti, artisti sapranno sicuramente ricavare stimoli importanti per le loro opere.
Il materiale è quello del Centro di Documentazione della Tradizione Orale di Piazza al Serchio che negli anni ha raccolto dalla maggior parte delle regioni italiane le storie, i racconti, le credenze, grazie in particolare all’attività del suo direttore, il prof. Alberto Borghini del Politecnico di Torino con i sui studenti. Sono oltre 700 le ricerche per esami e oltre 70 le tesi di laurea che fanno del Centro il più grande punto di raccolta nazionale. A queste vanno aggiunte oltre 60 ricerche provenienti da scuole italiane che hanno aderito al progetto “Costruiamo l’archivio nazionale della tradizione orale“. Ci sono infine le ricerche attivate in proprio dall’Associazione culturale La Giubba.
Tutto questo viene assemblato qui per territori (piano piano nel tempo), per figure e figurazioni, e viene messo a disposizione nel Centro per gli studiosi; chi vorrà visitare il museo reale troverà questo materiale sui tablet, ma soprattutto potrà ascoltare racconti dal vivo e portare le proprie storie, salire sullo scranno del narratore e lasciare la propria testimonianza.
La ricerca ovviamente continua e ciò avverrà anche grazie al contributo di tutti coloro che lo vorranno, in particolare le scuole.

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